CHI CONSUMA CHI?

Jgor Francesco Luceri • 24 gennaio 2017
La nostra è una società che, soprattutto dagli anni settanta, fa ampio uso di plastica, un materiale con enormi potenzialità grazie alle sue qualità di resistenza, durezza, malleabilità e duttilità. I polimeri di base sono essenzialmente di origine sintetica, derivati cioè, dal petrolio e vengono impiegati pressocchè dappertutto; sarebbe molto facile per ognuno di noi trovare nella propria casa un oggetto in plastica o oggetti con parti in plastica.
La IUPAC (Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata) definisce le materie plastiche come "materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi" ed in effetti gli oggetti di plastica costano poco, sono resistenti e durano nel tempo.
A questo punto è il caso di dire “non è tutto oro quel che luccica”, perché la plastica oltre ad una serie di pregi ha anche alcuni difetti.

Lasciando perdere le conseguenze sull’impatto ambientale (basti pensare che la plastica non si biodegrada e l’azione del tempo e degli agenti climatici contribuisce solamente a sbriciolarla facendola finire in mare e scambiata per plancton da pesci e mammiferi) voglio qui portare l’attenzione sugli effetti per la salute.
Prima di iniziare avviso che il dibattito è tutt’ora aperto e di non facile soluzione perché i pareri sono contrastanti, quindi quello che offro in queste righe è la mia personale posizione, avvalorata da alcuni dati e testimonianze.
Parlando della plastica non si possono escludere due prodotti chimici: il bisfenolo A (BPA) e gli ftalati; sono entrambi nocivi per il sistema endocrino, il che significa che disturbano o inibiscono il nostro funzionamento ormonale e la presenza sempre più elevata di queste sostanze chimiche sta producendo come effetto che le ragazze stanno diventando più maschili e i ragazzi più femminili.
Vediamoli brevemente.
 Il BPA è un estrogeno sintetico; è uno dei componenti del policarbonato (sigla: O7), la plastica usata per produrre bottiglie, contenitori per alimenti, attrezzature sportive (caschi, occhiali, ecc…) ed elettroniche (pc, tablet, cellulari, ecc...); spesso anche i barattoli che contengono generi alimentari (verdura/frutta in scatola e altro) sono rivestiti internamente da plastica e la plastica contiene BPA, quindi si trova anche nelle lattine delle bevande gassate, nella lamina del barattolo di latte in polvere per bambini e perfino nei biberon.
Il legame chimico tra le molecole di bisfenolo A è altamente instabile, quindi c’è un elevato rischio che la sostanza si diffonda nell’acqua, nelle bevande o nel cibo che sono a contatto con le materie plastiche nelle quali è contenuta. Cosa accade quando questa sostanza entra nel nostro organismo?
Il bisfenolo A mima l’azione degli estrogeni, essenziali nello sviluppo cerebrale, alterando quindi l'attività dell'apparato endocrino che porta ad una attivazione dei recettori degli ormoni. Se il dosaggio è elevato gli effetti negativi sulla salute sono gravi: si stima che anche minime quantità di bisfenolo A possano avere effetti inibitori sullo sviluppo neuronale nei feti a pochi minuti di distanza dall’assunzione.
 Gli Ftalati invece si trovano nel cloruro di polivinile (sigla: PVC3): sono dei plasticizzanti per ammorbidire la plastica e vengono adoperati in un’ampia gamma di prodotti, dai pavimenti in vinile ai prodotti per la cura personale fino ai giochi per bambini, dove vengono aggiunti per far sembrare gomma il materiale plastico che altrimenti sarebbe troppo duro e quando il bambino lo mette in bocca è come un lecca lecca di ftalati! Inoltre sono presenti in molti cosmetici e nei prodotti per l’igiene anche per bambini; vengono usati per favorire la permanenza della fragranza sulla pelle. Non sempre sono indicati chiaramente sull’etichetta ma se si legge “profumo” (fragrance, parfum), allora quelli, spesso, sono ftalati. 
Anche se questi agenti chimici sono oggetto di controversia dal 2003 per gli effetti sulla salute, alte concentrazioni di ftalati e BPA nel sangue sono state associate a numerose patologie riassunte nella tabella sottostante.
Gli studi condotti oltre a mostrare una chiara evidenza di effetti endocrini, consentono di definire una dose massima tollerabile giornaliera (TDI) di 0,05 mg per ogni kilo di peso corporeo. Anche se la valutazione della possibile esposizione umana attraverso i materiali a contatto con gli alimenti esclude un rischio significativo di eccedere la TDI, non sono stati effettuati studi complessi che prendano in considerazione l'esposizione ai molteplici fattori di intossicazione (non solo contenitori alimentari ma anche oggetti di uso quotidiano) e la loro azione cumulata sull'organismo dato che per tutto il giorno siamo esposti a piccolissimi quantitativi di prodotti chimici. Pensate non solo a quanta plastica quotidianamente usiamo per conservare i cibi, a tutti gli apparecchi tecnologici, parti di mobili, utensili da cucina, oggetti per il tempo libero ma anche a quanti prodotti per la nostra igiene (personale e dell’ambiente) e cura estetica acquistiamo. 
Inoltre, è importante sottolineare che l’effetto di questi elementi chimici su un organismo in formazione è più deleterio rispetto che su un organismo già sviluppato; in quest’ultimo sono presenti delle strutture formate e complete nei confronti delle quali l’azione è sì deleteria ma contrastabile e reversibile. Un organismo che è in via di sviluppo invece, è più vulnerabile perché queste tossine possono deviare o compromettere lo sviluppo delle strutture che si svilupperanno qualitativamente in modo diverso. Pensate ad un albero: il vento lo può scuotere, può fargli perdere delle foglie o perfino spezzargli dei rami ma se non supera una certa potenza, l’albero non modifica il proprio aspetto, non subisce danni irreparabili. Se però il vento soffia su una piantina, la può storcere modificando per sempre il suo aspetto e la forma del tronco o addirittura la può spazzare via, sradicandola.
Per questo è importante esercitare maggiore attenzione e cura nei confronti dei bambini. Rispetto all’azione di ftalati e BPA, infatti, permangono alcune preoccupazioni per il rischio di effetti a lungo termine sullo sviluppo endocrino, neurocomportamentale e riproduttivo in seguito ad esposizione in utero e/o durante l’infanzia.
Ma come mai se gli effetti sono questi, la plastica è ancora in circolazione?
Intanto riprendendo la definizione della IUPAC stiamo parlando di materiali finalizzati a ridurre i costi. 
Dal punto di vista legislativo invece ci sono alcune incongruenze: mentre l’Europa ha adottato il programma Reach in cui i test provano che il prodotto è sicuro, negli U.S.A. è il contrario, nel senso che prima si deve provare la nocività di un prodotto per poi effettuare i test qualitativi; e i risultati sono poco rassicuranti: in più di 200 studi finanziati dal governo USA il 92% rivela danni provocati dal BPA, mentre in 20 studi finanziati dalle corporazioni chimiche (American Chemistry Council) lo 0% certifica danni.
Ci deve interessare come l’America sta affrontando il problema perché in Europa solo la Francia ha deciso nel 2007 di eliminare le plastiche a base di BPA dai contenitori per alimenti e a partire dal 2015 di vietare la fabbricazione, l'importazione e la commercializzazione di qualsiasi prodotto relazionato con l'alimentazione contenente BPA. Gli altri Paesi come Germania, Olanda, Svizzera e Italia invece non hanno adottato misure cautelative aggiuntive, considerando validi gli studi ufficiali prodotti dall' American Medical Association senza effettuare approfondimenti.
Nonostante, quindi, si continuino ad usare questi polimeri Il National Toxicology Panel raccomanda di evitare di mettere contenitori in plastica nei forni a microonde e di lavarli nelle lavastoviglie o utilizzando detergenti aggressivi. Ma perché queste precauzioni se esistono studi che assicurano il consumatore sulla innocuità di questi prodotti?
Comunque in seguito all’esposizione al BPA ed agli ftalati il corpo umano metabolizza ed elimina questa sostanza rapidamente, quindi il processo è reversibile e contrastabile, basta diminuire l’uso di prodotti in plastica!

Per saperne di più:
 “Bag It”, documentario di Jeb Berrier (2011)
 programma REACH, www.ec.europa.eu
in inglese: 

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alberi, chioma, luce del sole che penetra tra i rami, luce, raggi di sole, foglie
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Ti è mai capitato di sperimentare uno stato d’ansia? Certamente si! Ad esempio nel periodo scolastico prima di una interrogazione, o in prossimità di un evento importante il cui risultato comporta un certo tipo di conseguenze, siano esse attese o disattese, quella palpitazione accelerata e quel senso di affanno che sembra che il cuore possa scoppiare da un momento all’altro o un senso di pressione sul petto che sembra mancare l’aria. Oppure un continuo ruminare di pensieri che affollano la testa, collegati ad un unico tema che ti preoccupa e che non lascia spazio ad altro. La maggior parte delle volte in cui sperimentiamo uno stato ansioso vorremmo liberarcene, perchè la manifestazione fisica dell’ansia è difficile da gestire. In genere consideriamo l’ansia come qualcosa di esterno da noi , che non ci appartiene e che ha “vita propria”. È l’ansia che ci fa stare male, è per colpa dell’ansia se non viviamo bene, come se l’ansia fosse un soggetto capace di compiere azioni. Ma cos’è l’ansia? Vediamo di avvicinarci un po’ a questo tipo di esperienza e di esplorarla insieme.
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deserto, cammino, persone, dune, sabbia, persone sopra le dune, cima delle dune
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