LA TERAPIA COME ESPERIMENTO

Irene Tria • 10 febbraio 2020

Quando si intraprende un discorso relativo alla psicoterapia e al percorso terapeutico, l’immaginario sociale si sviluppa intorno a credenze che tratteggiano il momento dell’incontro tra il paziente ed il professionista, come un momento in cui il cliente parla e il terapeuta tace.

Principalmente l’immagine evocata più facilmente è quella del paziente sdraiato su un lettino con il terapeuta alle spalle: siamo nel campo della psicoanalisi, il trattamento più antico sviluppato da Freud, tuttavia non l’unico.


Qualcuno riferisce anche di terapeuti che somministrano compiti ed esercizi, e anche questo è uno dei modi di intervento secondo alcuni approcci (ad esempio l’approccio comportamentista).


Il panorama degli esempi è esteso poichè gli approcci terapeutici sono molteplici,  sviluppatisi intorno ad uno specifico modo di concepire l’essere umano e dunque ad individuare modi ed interventi atti a migliorare la qualità della vita, fine ultimo di ogni approccio terapeutico.

In generale ci si assesta nel considerare l’incontro terapeutico come un momento in cui due persone parlano, il paziente dei suoi segreti profondi, delle sue sofferenze e con le sue domande esistenziali ed il terapeuta che risponde e/o fa altrettante domande.


A differenza di altri approcci, la terapia della Gestalt ha una forte componente pratico-esperienziale.

Il presupposto è che la crescita è un processo in cui “si impara facendo”, quindi anche la terapia diventa il luogo dell’apprendimento, sia nel poter osservare in modo nuovo ciò che già si è in grado di fare, sia nello sperimentare nuove strategie e modalità relazionali.

Insegnare al soggetto come imparare ciò che concerne se stesso, significa che il paziente deve diventare direttamente consapevole di come realmente funzioni in quanto organismo vivente; e questo avviene in base ad esperienze concrete e non verbali.
- Perls Hefferline Goodman -
Uno degli interventi specifici nella terapia, dunque, è l’esperimento.

Il termine esperimento deriva dal latino experiri = sperimentare e ha lo scopo di confermare o confutare qualcosa.

Attraverso l’esperimento il paziente può “provare a vedere cosa succede” quando agisce in un determinato modo, o fa qualcosa che non è abituato a fare.
In genere infatti, il terapeuta propone al paziente di fare, agire, dire qualcosa che di solito non fa, per osservarne le conseguenze, cosa succede e cosa sente.
La terapia del colloquio può essere considerata sperimentale, grazie alla deliberata semplificazione della struttura della situazione terapeutica in confronto con l’estrema complessità della vita quotidiana.
Per il momento [durante la seduta terapeutica], il complesso della società si riduce a due persone; ci si libera per un’ora delle abituali pressioni sociali, e non si incorre nelle consuete sanzioni contro il comportamento scorretto. In questo contesto e a queste condizioni, il paziente si azzarda ad essere sempre di più se stesso
- Perls Hefferline Goodman -
La seduta diventa quindi un momento di sperimentazione, in cui, privato dalle solite pressioni sociali (ruoli, aspettative, numerosità di relazioni e stimoli) il paziente può prendersi del tempo non solo per rallentare e osservare con più attenzione tutte le variazioni di stato d’animo, respiro, movimento presenti quando è sottoposto a certe situazioni, ma può anche permettersi di uscire dai suoi soliti schemi.
Spesso diciamo ai pazienti che la terapia è il luogo in cui si possono correre i rischi maggiori nel contesto massimamente protetto.

L’immagine che a volte uso per evocare il senso di questo che sto scrivendo è il trapezista che si allena volteggiando in aria con la rete di protezione, potendo spingersi oltre i suoi limiti, ben sapendo che se cadrà non si farà male e poter così - durante lo spettacolo - farne a meno.
Ora, la rete di salvataggio c’è sempre, ma certamente durante lo spettacolo non si arrischierà a fare qualcosa che prevede lo sperimentare i propri limiti o qualcosa che non è abituato a fare.
La differenza infatti sta proprio nella complessità della situazione dello spettacolo: una maggiore visibilità, l’aspettativa del pubblico, una maggiore tensione nella situazione, una minore disponibilità di tempo, ecc.

Le finalità dell’esperimento e dello sperimentare sono molteplici: 
❗️anzitutto il messaggio implicito è quello di permettersi di fare ciò che non si è abituati a fare esplicitamente in un contesto protetto e quindi di aumentare le proprie possibilità di comportamento. La sperimentazione con il terapeuta e non - compre altri approcci - attraverso compiti a casa, consente di sostenere i livelli di incertezza crescente in presenza di una persona cui ci si affida.
🎯 Inoltre consente di acquisire nel tempo una propria autonomia e la fiducia di potersi sperimentare anche al di fuori del contesto terapeutico.
L’esperimento chiede alla persona di esplorare attivamente se stessa [..] di diventare il maestro di se stesso
- Zincker -
Per esperimento intendiamo qualcosa che esca dalla normale routine del paziente, dalle sue abitudini consolidate mentre si pone l’accento su cosa sente mentre fa l’esperimento.
Possono essere esempi di esperimento:
- esprimere un pensiero o un’opinione di solito taciuta ad alta voce
- accentuare un movimento già presente: accorgersi mentre si sta parlando che si hanno i pugni chiusi e quindi proseguire il racconto accompagnando consapevolmente l’azione del battere i pugni sulla sedia o su un cuscino dando concretezza all’emozione che accompagna il movimento
- fare un movimento contrario ad un movimento presente: espandere la schiena quando ci si accorge di essere “incassati” nelle spalle per scoprire che effetto fa e che emozioni suscita (paura, sorpresa, sensazione di maggior forza, ecc)
- in presenza dell’emozione della vergogna nel paziente si può proporgli di coprirsi oppure il terapeuta può chiudere gli occhi mentre il paziente racconta
Questi brevi esempi sono modi di esplorare se e come cambia il proprio sentire, al fine di agevolare una maggiore consapevolezza ed una maggiore integrazione corpo-mente.

Come dice Zincker: “Gli esperimenti chiedono al paziente di esprimere qualcosa con il comportamento e non semplicemente di capire un’esperienza. […] ogni esperimento ha in sé una forte componente comportamentale.”

A differenza di un approccio di tipo comportamentale, l’esperimento non si pone una finalità. Per questo si chiamano esperimenti e non esercizi.
Infatti l’esperimento è fine a se stesso, non porta con sé alcun obiettivo né è proposto per la necessità di modificare o cambiare qualcosa, ma serve semplicemente ad aiutare il paziente ad aggiungere una maggiore consapevolezza e uno sguardo più attento a se stesso, al suo sentire, al suo modo di agire e reagire nelle situazioni in cui è presente una maggiore sofferenza o tensione.

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Autore: Irene Tria 10 giugno 2024
Ti è mai capitato di sperimentare uno stato d’ansia? Certamente si! Ad esempio nel periodo scolastico prima di una interrogazione, o in prossimità di un evento importante il cui risultato comporta un certo tipo di conseguenze, siano esse attese o disattese, quella palpitazione accelerata e quel senso di affanno che sembra che il cuore possa scoppiare da un momento all’altro o un senso di pressione sul petto che sembra mancare l’aria. Oppure un continuo ruminare di pensieri che affollano la testa, collegati ad un unico tema che ti preoccupa e che non lascia spazio ad altro. La maggior parte delle volte in cui sperimentiamo uno stato ansioso vorremmo liberarcene, perchè la manifestazione fisica dell’ansia è difficile da gestire. In genere consideriamo l’ansia come qualcosa di esterno da noi , che non ci appartiene e che ha “vita propria”. È l’ansia che ci fa stare male, è per colpa dell’ansia se non viviamo bene, come se l’ansia fosse un soggetto capace di compiere azioni. Ma cos’è l’ansia? Vediamo di avvicinarci un po’ a questo tipo di esperienza e di esplorarla insieme.
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Lo Shinrin yoku (bagno nella foresta) è una pratica avviata nel 1982 in Giappone a scopo terapeutico, basata cioè sull’intuizione che il contatto con la natura fosse foriero di benessere per le persone. Di questa pratica si è deciso di raccogliere elementi di carattere scientifico che avvallassero non solo l’ipotesi ma anche l'esperienza diffusa di un miglioramento della qualità della propria esistenza quando in contatto con la natura. Qing Li, nello specifico, ha condotto ricerche per riconoscere gli elementi caratterizzanti un maggior benessere quando immersi nella natura, in particolare nei boschi e ha scritto un testo in cui presenta i risultati di queste ricerche e delinea i benefici che conseguono alla pratica dello shinrin yoku, che non assume le caratteristiche di una semplice passeggiata nel bosco, bensì è un "immergersi nell'atmosfera della foresta farne esperienza con tutti e cinque i sensi. Consiste nell'entrare in contatto con la natura, nel connettersi ad essa attraverso le sensazioni fisiche" Li, Qing. Shinrin-yoku. Immergersi nei boschi: Il metodo giapponese per coltivare la felicità e vivere più a lungo Sembra che per coloro che abitano le città i livelli restino sempre piuttosto alti, poichè la vita è soggetta a numerosi stimoli che portano a mantenere l'organismo in stato cronico di allerta. Sappiamo anche dalla teorizzazioni di Perls e Goodman (i fondatori della terapia della gestalt) che uno stato di tensione cronico conduce sia a forme di desensibilizzazione , sia ad una compromissione nella capacità di autoregolazione ovvero all’incapacità di modulare la propria energia per sostenere azioni orientate al soddisfacimento dei nostri bisogni. Tendiamo quindi a vivere quindi in uno stato di allarme cronico, come se l’organismo fosse sempre pronto a reagire ad un pericolo imminente. In questo senso diventiamo nevrotici, sviluppiamo cioè una risposta rigida alla situazione, sperimentando un costante livello di allarme, in cui l’organismo si prepara o è allertato da un potenziale pericolo, benché non vi sia, dal momento che, una volta rimossi gli impedimenti o ciò che genera il pericolo, dovremmo tornare ad uno stato di quiete, mentre questo non è ciò che accade nella maggior parte dei casi. Le manifestazioni ansiose infatti, sono una tipica espressione di questo processo e ne parleremo in dettaglio in un articolo ad esso dedicato.
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Autore: Irene Tria 6 maggio 2024
Riflessioni e suggestioni da “Il profumo del tempo - l’arte di indugiare sulle cose” di Byung-Chul Han. Focus: con questo testo ha approfondito le mie riflessioni sull’importanza di praticare momenti di ascolto e contemplazione per agevolare il proprio benessere e rifocalizzarsi. Ricorre spesso nelle persone l’attitudine ad usare i momenti di svago come occasione per fare altro, congestionando la propria esistenza e riducendola ad una lista di spunte nell’elenco di cose da fare. Ripescando la qualità dell’ozio dell’antica tradizione greca, l’autore afferma e argomenta l’importanza di accogliere nella vita activa (il fare, l’agire, il lavorare) la vita contemplativa (la capacità di indugiare, di sospendere il compimento). L’articolo non vuole essere una mera recensione, ma a partire dalle riflessioni di Byung-Chul Han, ripercorrerò gli aspetti per me più significativi e importanti per lo sviluppo di un’esistenza consapevole e appagante.
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